I cicli delle Commodities
Negli ultimi anni sono state tenute in considerazione molte variabili economiche per capire quali correlazioni potessero avere sulle commodities ma purtroppo senza un effettivo riscontro positivo. Ciò nonostante i moderni studi restano i migliori. Quello che si è capito in materia economica sin dalla seconda guerra mondiale è che non esiste un fattore unico che regoli rigorosamente tali cicli ma che esistono una svariata quantità di fattori che li regolano. Il nostro obiettivo deve essere quindi quello di trovare quelle 2 o 3 variabili che consentano di individuare tali cicli, senza perdersi nei calcoli che riguardano le variabili che hanno un impatto minore.
Tali studi evidenziano come i cicli delle commodities non si basino solamente sulle nazioni maggior produttrici delle commodities stesse (Canada, Nuova Zelanda, Sud Africa, Australia) in quanto le commodities vengono valorizzate in dollari USA. Quindi per capire tali periodi di boom e di recessione dobbiamo anche considerare il fattore “salute” dell’economia USA.
Un ciclo molto significante per le commodities ha caratterizzato i primi anni 70 ed è durato fino al 1980. La maggior parte degli esperti concorda sul fatto che l’abbandono della parità aurea da parte di Nixon abbia fatto sì che questo ciclo si perpetuasse così a lungo.
Tali cicli storicamente hanno una durata di 10 anni, l’oro, il greggio e le altre commodities fisiche come il riso, il grano, il granturco ed i semi di soia hanno avuto un sostanziale aumento di prezzo durante il ciclo degli anni 70.
Tra i fattori che influenzano maggiormente questi movimenti c’è il tasso di interesse. Un declino del dollaro usa è solitamente associato ad un abbassamento dei tassi di interesse, che sono segno di una economia in declino. Durante questi periodi i governi ravvisano un aumento dell’indebitamento che porta ad un’estensione del ciclio economico negativo. Questo permette al ciclo delle commodities di continuare senza sosta nello stesso momento in cui i governi cercano delle strategie di uscita dalla recessione.
I cicli di boom economico invece sono abbastanza diversi. Tali cicli infatti vedono un’espasione del credito, aumento dei tassi d’interesse e degli asset in generale. Questi periodi di boom però sono seguiti da inversioni che normalemnte hanno pendenze piuttosto ripide, tali previsioni quindi possono risultare piuttosto complicate.
Un altro modo per predirre i cicli delle commodities è quello dei termini di scambio.
Dall’osservazione dei termini di scambio per nazioni legate alle commodities come l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa, il Canada ed il Brasile si possono effettuare delle buone ipotesi, proprio perché il bilancio di queste nazioni dipende dalle proprie esportazioni. Se dunque si registra un aumento delle esportazioni di una determinata commodity verso gli USA, è possibile che questo sia un segnale di inizio del ciclo.
Dal momento che le valute legate alle commodities (Commodity Currencies) hanno un tasso di cambio variabile, un’altro tipo di previsione può essere fatta correlando il tasso di cambio di queste valute a dei commodity indexes come il Reuters/Jefferies CRB Index.
L’indice Reuters/Jefferies è uno dei più vecchi indici legato alle commodities fisiche anziché ai metalli. Le commodities fisiche infatti reagiscono sempre più velocemente in qualsiasi situazione di boom o di recessione rispetto ai metalli (es. oro, argento, platino ecc.). Altri indici che possono servire a tale scopo sono il Goldman Sachs Index dello S&P, l’AIG Commodity Index del Dow jones e il Non Fuel Commodity Prices Index.
Molto importante è il Baltic Dry Index. Questo indice è una commodity vera e propria, esso determina non solo una misura delle spedizioni delle commodities, ma anche il costo delle spedizioni. Un minor costo di spedizione ed un più basso numero di esportazioni può risultare essere un importante segnale di inizio di un ciclo.
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