Strumenti Finanziari – Prima Parte
In generale, esistono tre grandi categorie di strumenti finanziari:
a reddito fisso: che fanno sorgere un rapporto di debito tra l’emittente e l’investitore. La denominazione è legata al fatto che la remunerazione (in termini di interessi corrisposti) spettante all’investitore, è stabilita in anticipo ed è fissa, cioè slegata dall’andamento della gestione dell’emittente. Questa categoria comprende principalmente i titoli di Stato e le obbligazioni societarie;
a reddito variabile: che rappresentano un rapporto partecipativo al capitale di pieno rischio di una società (azione societaria) e sono così definiti in quanto la remunerazione (espressa dai dividendi) è “ancorata” al buono o cattivo andamento della gestione della società emittente;
derivati: con i quali è possibile compiere operazioni speculative o di copertura su rischi derivanti da altri strumenti finanziari e che sono rappresentati da futures, opzioni, swap, etc.
Infatti, i titoli di debito emessi dagli Stati vengono considerati a rischio di default pari a zero (supponendo quindi la certezza del rimborso), anche se tale affermazione deve essere valutata in modo critico, soprattutto quando i titoli sono emessi da Paesi con conti pubblici “disastrati” (vedi in passato l’Argentina ed oggi la Grecia). Con riferimento ai titoli emessi dalla Grecia, negli scorsi giorni, il livello del rischio di insolvenza (espresso dal rating) è stato aumentato notevolmente, quindi, nonostante il rendimento molto alto (7% per i titoli decennali), è da valutare attentamente la scelta di acquistare tali titoli. Per quanto concerne i titoli di Stato italiani, attualmente offrono un rendimento netto che va dallo 0,37% dei Bot a 3 mesi ai 4,21% dei BTP a 30 anni.
Esistono diverse tipologie di titoli di Stato, differenziate per durata e modalità di remunerazione. Nella realtà italiana si può distinguere tra:
buoni ordinari del tesoro (BOT) e certificati del tesoro zero-coupon (CTZ): i primi possono avere scadenza a 3/6/12 mesi, mentre i secondi a 24 mesi. Entrambi si caratterizzano per non prevedere l’erogazione di cedole (per questo si dicono “zero-coupon”), il rendimento è compreso nella differenza tra prezzo di emissione e di rimborso;
buoni del tesoro poliennali (BTP): con scadenze a 3/5/10/15/30 anni, i quali prevedono la corresponsione di cedole d’interesse semestrali ad un tasso di interesse fisso predeterminato;
certificati di credito del tesoro (CTZ): con scadenza a 7 anni, con un tasso di interesse variabile semestralmente secondo l’andamento del rendimento dei BOT.
Mirco Gazzera
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