Segue LE CRISI (a partire dagli anni 2000)
2001: 11/09/2001 è una data che sicuramente non merita alcuna spiegazione aggiuntiva di quelle che sono già state spese in questi anni. Dal punto di vista economico, questo attacco ha portato ad una grande incertezza in quanto sia le famiglie sia le imprese si sono chiaramente trovate spaventate ed hanno tagliato rispettivamente i consumi e gli investimenti. Quindi, sia l’autorità monetaria che i governi centrali sono intervenuti abbassando i tassi di interesse.
2004 – 2005 e fino al 2009: nei primi due anni l’economia mondiale sta sperimentando un periodo di tassi d’interesse estremamente bassi. I tassi d’interesse infatti in questi anni sono ai minimi storici rispetto agli ultimi trenta – quarant’anni e questo implica una fase in cui tasso di crescita dell’economia è particolarmente sostenuto. Chiaro che questi livelli di crescita particolarmente rilevanti sono la conseguenza di intereventi effettuati dalle autorità per evitare gli effetti della bolla dell’11/09/2001. Ma sorge dunque spontanea la seguente domanda, perché abbassando i tassi d’interesse l’economia cresce? Perché questo porta inevitabilmente ad una crescita degli investimenti; questo scenario porta con sé anche un’altra conseguenza, ossia che aumentano gli investimenti sia da parte delle imprese ma anche da parte dei privati. La crisi di questi anni è dovuta ai mutui subprime, conosciuti e destinati principalmente in USA all’investimento immobiliare. Sono chiamati subprime perché vengono concessi ad una clientela non prime, cioè non primaria, ricca (che si può quindi logicamente permettere un rischio di insolvenza ridotto) ma da una clientela che sarà più “rischiosa”. Un’importante premessa è che in generale i mutui possono essere a tasso fisso o variabile: il tasso fisso garantisce fino alla scadenza un tasso prefissato indipendentemente da cosa succede nel mercato durante il periodo della restituzione; al contrario con il tasso variabile tutti gli anni, l’interesse varia in base ai tassi di mercato a breve termine. E nel caso dei mutui subprime, spesse volte questi sono stati calcolati sulla base di un tasso variabile dato che i tassi d’interesse erano scesi moltissimo rispetto a quelli fissi, che erano invece molto più alti. Con dei tassi d’interesse così bassi era naturalmente facile ed incentivante comprare una casa, tuttavia l’acquisto era subordinato alla stipulazione di un contratto con un tasso d’interesse variabile, sperando che col tempo restasse basso. Ma l’evento non previsto è stato che questi titoli sono stati concessi dalle banche ad altre istituzioni finanziarie (cartolarizzazione) e queste ultime li hanno comprati perché particolarmente convenienti: è vero che i tassi d’interesse erano bassi ma essendo i debitori ad alto rischio di insolvibilità, il premio per il rischio era davvero “interessante”. Nel frattempo, sia la BCE che la FED, dopo anni di tassi interesse particolarmente bassi decidono di rivedere le stime al rialzo nell’ordine dei 0,25 punti percentuali. Inevitabilmente, questo provoca, per chi negli anni precedenti ha contratto un mutuo a tasso variabile, una situazione di insofferenza (soprattutto perché le prime rate, secondo il metodo di rimborso del modello americano, contengono una notevole quantità di interessi e poco capitale).
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