Riflessioni sulla crisi. Parola di Draghi.
Le diverse spinte provenienti dalle diverse zone del mondo richiedono un più forte coordinamento tra le politiche economiche dei principali paesi. Le risposte di politica economica, così come le politiche monetarie e di bilancio, sono difformi. A questo proposito, con l’ultimo G20 i paesi aderenti hanno puntualizzato l’impegno per politiche strutturali di sostegno alla domanda, il mantenimento di livelli accettabili delle partite correnti, evitare qualunque forma di protezionismo e ridurre la volatilità dei flussi finanziari verso i paesi emergenti.
In questa ottica va la riforma delle regole di Basilea che, introducendo una definizione di capitale omogenea fra i paesi, permetterà la costruzione di una regolamentazione finanziaria mondiale. Ma c’è una nota dolente: Basilea 3 non affronta in modo sostanziale il problema dei rischi derivanti dalle SIFI (sistemically Important Financial Insitutions), istituzioni che, data la loro dimensioni e la loro presenza negli ambienti più delicati, non verrebbero mai fatte fallire, anche in casi di gravissimi dissesti.
Le banche italiane hanno dimostrato, in occasione delle prove di stress effettuate sugli istituti di tutta Europa, un’elevata capacità di resistenza a scenari che ipotizzavano un deterioramento dello scenario macroeconomico e un significativo aumento del rischio sovrano.
Draghi ha ribadito l’importanza che la composizione per scadenza del passivo degli istituti non venga sbilanciata troppo verso lo short run, rendendo più fragile la posizione di liquidità che finora è stata equilibrata anche nelle fasi più acute della crisi. Il trattamento agevolato riservato ai finanziamenti alle piccole e medie imprese, presente nelle nuove regolamentazioni, non può che avvantaggiare paesi con un assetto produttivo come l’Italia.
Se è vero che il sistema bancario italiano ha retto meglio di altri la crisi del 2007-2008 non si può dire altrettanto del mercato reale. La recessione ha travolto l’economia del nostro paese causando, nel 2009, una riduzione del PIL tale per cui i valori si assestarono ai livelli di 10 anni prima. Le conseguenze della recessione, in Italia come in altri paesi dell’Europa, sono state la stagnazione dei consumi, la diffusa incertezza delle famiglie sul futuro e l’uso massiccio di strumenti di riduzione del l’orario del lavoro, quali CIG (cassa integrazione guadagni). Interessante è notare quanto elevata sia la percentuale di coloro che, nonostante siano disposti a lavorare, non cerchino più attivamente un’occupazione in quanto disperano nel trovarne uno. Si calcola, infatti, che l’Italia abbia un tasso di sottoutilizzo, considerando anche coloro forzatamente occupati a tempo parziale pur aspirando ad un lavoro full-time, pari all’11% delle persone potenzialmente occupabili.
Elisa GHIONE
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