Finanza Comportamentale – (parte 2/2)
Prospect / Teoria di avversione alle perdite
Non serve un neuropsichiatra esperto per sapere che l’investitore preferisce un ritorno sicuro dell’investimento a uno incerto – vorremo tutti guadagnare senza assumerci alcun rischio supplementare. Questo risulta abbastanza ragionevole a tutti noi.
Ecco la stranezza. La prospect theory suggerisce che le persone esprimono un diverso grado di emozione verso guadagni piuttosto che verso le perdite. Gli individui sono più stressati dalle perdite potenziali piuttosto che essere entusiasti da plusvalenze inaspettate. Un consulente d’investimento non sarà solitamente inondato di chiamate dal suo cliente nella situazione in cui, per esempio, sia nato un guadagno di 500 mila dollari nel portafoglio del cliente. Ma, potete scommettere che il telefono squillerà molto quando si manifesti una perdita di 500.000 $! Una perdita appare sempre più grande di una plusvalenza di pari dimensioni.
Questa teoria spiega anche perché gli investitori spesso si aggrappano alle scorte: spesso l’investitore prende più rischi per evitare perdite piuttosto che per realizzare guadagni. Per questo motivo, gli investitori restano volentieri in una posizione rischiosa stock, sperando che il prezzo si riprenderà. Come uno scommettitore su una serie perdente si comporterà in modo analogo, raddoppiando le scommesse, nel tentativo di recuperare ciò che è già stata persa.
Così, nonostante il nostro desiderio razionale di ottenere un ritorno per i rischi che si prendono, si tende finisce, per minimizzare il rischio, a rischiare più di quello che razionalmente sarebbe corretto fare, tutto per ottenere un recupero, spesso visto più essenziale di un guadagno.
Questa teoria indica anche che spesso si tende a conservare titoli perdenti nella speranza che salgano piuttosto che titoli vincenti, già soddisfatti dei ritorni ottenuti. Gli investitori spesso fanno l’errore di rincorrere l’azione del mercato investendo in azioni o fondi che secondo l’idea iniziale avrebbero dovuto essere remunerativi, anche se non si sono dimostrati tali nei fatti.
Ancoraggio
In mancanza di migliori o nuove informazioni, gli investitori spesso ritengono che il prezzo di mercato sia il prezzo corretto. La gente tende a dare troppo credito ai movimenti di mercato recenti, le opinioni e gli eventi sentiti, ed erroneamente estrapolare tendenze recenti che differiscono dallo storico, dalle medie di lungo periodo e dalle probabilità reali.
Nei mercati in salita, le decisioni di investimento sono spesso influenzate da ancore dei prezzi, ritenuti significativi per la loro vicinanza ai prezzi più recenti. Ciò rende il rendimento del titolo nel passato, irrilevante nelle decisioni degli investitori. Studiare la storia del titolo, senza troppo focalizzarsi sui trend momentanei è essenziale per non cadere in grossi errori valutativi.
Over-/Under-Reacting
Gli investitori diventano ottimisti quando il mercato sale, ammesso che continuerà a farlo. Al contrario, gli investitori diventano estremamente pessimisti durante le recessioni. La conseguenza di questo sentiment è che l’investitore medio piccolo tende a sotto stimare fattori positivi di lungo periodo, concentrandosi su trend negativi, magari momentanei, questo porta spesso alla fuga da un titolo o dal mercato senza troppa razionalità.
Al picco di ottimismo, l’investitore si trova a fare acquisti troppo rilevanti, credendo che il trend non cambierà mia di rotta. Spesso investire su sentiment generali o personali può essere non consigliabile.
Casi estremi di sovra o sotto-reazione ad eventi del mercato, possono portare a panico di mercato e conseguente blocco dello stesso.
Overconfidence (Eccessiva confidenza in se stessi)
Generalmente le persone tendono a considerare superiori alla media le proprie capacità. Si tende anche a sopravvalutare la precisione delle proprie conoscenze e il grado di conoscenza rispetto agli altri. Molti investitori credono di conoscere in dettaglio il tempo del mercato. La overconfidence rispetto alle proprie capacità spesso può portare ad errori grossolani, e questi errori spesso portano a poi sottostimare troppo le proprie capacità di colpo e a frenare ogni propria idea o intuizione per seguire i trend comuni.
Counterviews: è il comportamento irrazionale è una anomalia?
Come abbiamo accennato in precedenza, le teorie della finanza comportamentale sono in diretta contraddizione con il mondo accademico della finanza tradizionale. Ogni campo tenta di spiegare il comportamento degli investitori e le implicazioni di tale comportamento. Quindi, chi ha ragione?
La teoria che più si oppone apertamente alla finanza comportamentale è l’ipotesi di mercato efficiente (EMH), sviluppata da Eugene Fama (Univ. Chicago) e Ken francese (MIT). La loro teoria secondo cui i prezzi di mercato incorporano in modo efficiente tutte le informazioni disponibili deriva dal presupposto che gli investitori siano animali completamente razionali. I sostenitori della EMH sostengono che fatti come quelli trattati nella finanza comportamentale sono anomalie solo di breve tempo e personali, e che nel lungo periodo tali anomalie scompaiono con un ritorno all’efficienza del mercato.
Pertanto, potrebbero non esserci prove sufficienti per suggerire che la teoria EMH dovrebbe essere abbandonato in quanto l’evidenza empirica dimostra che i mercati tendono a correggere se stessi nel lungo termine. Nel suo libro “Against the Gods: la straordinaria storia del rischio” (1996), Peter Bernstein mette un buon punto su ciò che è in gioco nel dibattito:
“Mentre è importante capire che il mercato non funziona con i modelli classici del pensiero – ci sono molte prove che l’investitore si comporti come un animale in un gregge”
Conclusione
La finanza comportamentale riflette certamente alcuni degli atteggiamenti incorporati nel sistema di investimento. Comportamentisti sostengono che gli investitori spesso si comportino irrazionalmente, producendo mercati inefficienti e titoli con prezzi anomali. Questo può essere vero per un periodo, ma trovare queste inefficenze sul lungo periodo è una sfida non facile. I punti analizzati nel presente articolo dimostrano la loro veridicità nel comportamento del singolo investitore in quanto noi tutti in almeno un paio di essi ci ritroviamo.
Detto questo, l’investitore stesso può essere il proprio peggior nemico. L’importante è riuscire a moderare i propri comportamenti irrazionali, ed evitare di cadere in comportamenti eccessivi sia si sovrastima che sottostima delle proprie capacità.
Questo contenuto non deve essere considerato un consiglio di investimento.
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