Real Brasiliano vs. Dollaro USA: chi cederà?

Pubblicato da Luca M -

Il real brasiliano nel corso del 2016 è stata una valuta emergente che ha conquistato una buona parte delle preferenze degli analisti. Preferenze che a nostro giudizio sono comunque solo parzialmente meritate, visto e considerato che gli scricchiolii intorno alla valuta (e alla sottostante economia del Paese sudamericano) sono tutt’altro che risibili, e meriterebbero un approfondimento più specifico. Pertanto, anche se il nuovo anno sembra essere partito all’insegna di una discreta tenuta, il nostro giudizio è di massima cautela nei confronti di una moneta che potrebbe cedere terreno in misura vistosa nei confronti di un dollaro statunitense che, invece, ha ancora margini di apprezzamento contro il basket di valute americane.

Come è andato il 2016

Per saperne di più su quanto potrebbe accadere al futuro del real brasiliano, cominciamo subito con il ricordare che il 2016 si è concluso con un ottimo risultato per la valuta sudamericana, che ha portato in archivio un apprezzamento di circa il 18% nei confronti del dollaro statunitense. Con simili risultati, il real brasiliano non ha avuto tanta fatica nel poter chiudere l’anno come migliore valuta tra quelle emergenti, garantendosi una prestazione di rispetto anche nei confronti delle altre principali valute dei Paesi avanzati.

Come sta andando il 2017

Anche nella parte iniziale del 2017, inoltre, il real brasiliano ha saputo godere di una positiva spinta che ha permesso alla valuta di poter tenere testa alla moneta verde, sganciandosi rispetto al comportamento delle altre principali valute emergenti, che hanno invece sofferto – per vari motivi, come il peso messicano – gli eventi che hanno caratterizzato il passaggio dal vecchio al nuovo anno. Il real ha invece dimostrato una discreta tenuta, forte della dinamica reflattiva in atto negli Usa e alla ripresa dei prezzi delle materie prime, a loro volta sostenute dalla crescita del greggio dopo l’accordo OPEC / non OPEC. Ma durerà?

Qualche dubbio (e anche di più) sul 2017

Detto ciò, molti dubbi sembrano esserci sul 2017. Un anno che per il real brasiliano ingloba numerosi rischi e pressioni al ribasso, e che potrebbe vedere la sparizione – o almeno l’attenuazione – di tutti gli elementi che nel corso del 2016 hanno permesso a questa valuta di elevarsi tra le best performer delle emergenti. In effetti, lo scorso anno è stato un periodo piuttosto positivo per lo scenario sottostante, nonostante le premesse non fossero per niente buono: il clima politico si è fatto meno incerto con l’arrivo di Michel Temer, mentre i prezzi delle commodity (oltre al petrolio, un cenno è dovuto a quelle coloniali, come lo zucchero e il caffè, di cui il Brasile è il maggior esportatore mondiale) ha contribuito a un buono sviluppo delle determinanti fondamentali.

Peccato solo che, a nostro giudizio, è molto difficile che le stesse determinanti possano giocare un identico ruolo positivo nel corso del 2017, che pertanto si preannuncia essere un importante banco di prova per la moneta brasiliana. Solleviamo dunque molti dubbi sul fatto che il trend visto negli ultimi mesi possa continuare per tutto o buona parte del 2017. I segnali di attenzione, d’altronde, ci sono tutti. L‘inflazione brasiliana si sta allontanando dai target della Banca centrale nazionale, nella parte bassa del 6%: l’istituto potrebbe intervenire ancora provvedendo con una politica monetaria di taglio dei tassi, oltre alla riduzione di pochi giorni fa, quando il tasso di riferimento del 13,75% è stato condotto al 13%: la riduzione di 75 punti base è la maggiore effettuata in quasi cinque anni, e ha sorpreso anche gli analisti più ottimisti, che puntavano invece a un taglio di 50 punti base.

Recessione continua

Al di là di quanto sopra premesso, molte difficoltà potrebbero giungere dalle turbolenze e dalle incertezze locali. Il presidente brasiliano ha annunciato una riforma strutturale del lavoro (e non solo) che andrà a inserirsi in un quadro complessivo di grandi cambiamenti che il Paese sudamericano sta cercando faticosamente di mettere in piedi. Tra gli ultimi provvedimenti, la modifica della Costituzione con congelamento della spesa pubblica per i prossimi 20 anni, l’incremento delle ore di lavoro da 8 a 12 al giorno per un massimo di 48 alla settimana e 220 al mese, una più ampia flessibilità nelle negoziazioni contrattuali, con più libertà alle intese tra datori di lavoro e occupati per quanto concerne i salari, le pause e le vacanze, la correzione dei criteri pensionistici con allungamento dei termini di requisito fino a 10 anni in più.

Riforme, quelle di cui sopra, che non dovrebbero certo giovare alla popolarità del governo, che già nel mese di dicembre – con la precedente serie di riforme – era giunta ai minimi storici recenti. Secondo la recente rilevazione dell’istituto di ricerca Ibope, commissionata dagli industriali locali, solamente il 13% della popolazione considera buono o più che buono il governo guidato da Temer, mentre il 46% lo definisce cattivo o pessimo, contro il 39% di qualche mese prima. Ancora, il 64% dei cittadini dichiara di non approvare il modo di condotta governativa del presidente, contro il 55% di tre mesi fa, e il 72% dichiara di non avere più fiducia in Temer.

Se a quanto sopra aggiungiamo il fatto che anche il 2016 dovrebbe chiudersi con una recessione economica severa (-3,4% del Pil) per il terzo anno di seguito, e che la crisi economica e sociale è sempre più acuta, le deduzioni non potranno che essere di grande cautela…

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