Previsioni euro, l’Italia rischia di rovinare i piani BCE?

Pubblicato da Roberto Rais -

Come da attese, sono stati recentemente pubblicati i verbali della riunione BCE del 26 aprile scorso: nei documenti si legge in modo chiaro come il grado di fiducia in un ritorno dell’inflazione al target sia immutato rispetto alle considerazioni precedenti, manifestando così un discreto convincimento nonostante il rallentamento economico emerso nei dati macro economici relativi ai primi mesi del 2018. Nei verbali, infatti, il consiglio direttivo si è detto convinto come il rallentamento della crescita economica fosse dovuto soprattutto a elementi temporanei, e che potesse ritenersi come una condizione sostanzialmente fisiologica dopo i dati piuttosto forti che alla fine del 2017 avevano stupito i principali analisti.

Consapevole della necessità di monitorare con crescente attenzione gli sviluppi, e altresì timoroso di quel che potrebbe avvenire in ambito internazionale (sia internamente all’area euro sia esternamente – basti considerare le spinte protezionistiche americane), il Consiglio notava l’emergere di crescenti vincoli di capacità in alcuni comparti, con rischi per la crescita che tuttavia erano valutati ancora come bilanciati.

L’inflazione e il quantitative easing

Riguardo la dinamica inflazionistica, i verbali hanno sottolineato come che i segnali di rialzo dei prezzi interni siano piuttosto modesti, anche se è stato rilevato un aumento sicuramente più deciso degli stipendi dei lavoratori di alcuni Paesi membri, che a sua volta potrebbe fornire un giusto ruolo al rialzo dei prezzi interni. Nelle discussioni del meeting, uno dei membri del Consiglio riteneva che i criteri per un aumento sostenuto della dinamica inflazionistica fossero ormai presenti. La maggioranza dei membri però ha sottolineato come vi fosse una mancanza di evidenza esaustiva in merito e come pertanto occorra temporeggiare ancora, segnalando come necessaria un’estensione delle condizioni monetarie di ampio supporto.

Per quanto poi attiene il quantitative easing, i membri del Consiglio mantenevano ancora una generale intesa sul fatto che il programma di acquisto dovesse essere ancora guidato dal criterio di convergenza dell’inflazione verso il target nel medio periodo. Quanto sopra non porta naturalmente a escludere il fatt oche il programma possa essere cessato definitivamente entro l’anno, considerato che i verbali ribadiscono che il sostegno ad un rialzo duraturo dei prezzi sarà garantito, una volta concluso il programma, dallo stock di titoli detenuti dalla BCE, dalla politica di reinvestimento che andrà avanti fin quando necessario e da tassi sui livelli attuali ben oltre la fine degli acquisti.

Le stime BCE

Passando alle stime, le previsioni BCE di giugno dovrebbero rivedere al ribasso la crescita economica per tutto l’anno, e ribadire le stime di uno sviluppo del prodotto interno lordo al di sopra del potenziale anche nei due anni successivi. In particolare, le stime di inflazione andranno ad essere riviste al rialzo come conseguenza del rincaro del prezzo del petrolio. Tuttavia, complessivamente le nuove previsioni dovrebbero essere coerenti con le variazioni alla comunicazione degli acquisti alla riunione del 26 luglio.

In questo scenario, gli analisti ritengono che la BCE comunicherà la fine del proprio programma di acquisto titoli entro il termine dell’anno, andando a scalare più che proporzionalmente gli acquisti di titoli pubblici. Ancora, qualora i dati macro economici dovessero ancora deludere, il Consiglio potrebbe puntare a un consolidamento della condizione di tassi fermi più a lungo di quanto originariamente previsto: uno scenario che non stupirebbe e che, anzi, sembra essere in buona parte già scontato dal mercato. Per poter toccare con mano delle modifiche alla comunicazione sui tassi, bisognerà comunque attendere settembre / ottobre.

E l’Italia?

In questo delicato contesto, quale potrebbe essere l’impatto legato all’aumento del rischio Italia, che stiamo già anticipando in questi giorni con una instabilità evidente, un’impennata dello spread e una crisi istituzionale senza precedenti? Potrà la crisi dell’Italia bloccare la mano della BCE, imponendo un’estensione del programma di acquisti?

Per il momento, è presto per poterlo accertare. Anche se il differenziale sta crescendo su livelli mai visti dal 2013 a questa parte, cancellando più della metà del risparmio sulla spesa per interessi previsto quest’anno, lo spread non è ancora in condizioni di allerta.

Purtroppo, sono le previsioni sul futuro a breve termine a non essere rassicuranti: la crisi italiana, in fase di conclamazione, porrà difficoltà gravi alla Banca centrale. Da una parte, l’Italia è la terza economia dell’Eurozona ed è una fonte potenziale di un elevato rischio sistemico a causa delle sue forti interconnessioni commerciali e finanziarie con il resto dell’area. D’altro canto, però, l’incremento dello stress sul mercato dei titoli di stato è il frutto di scelte autonome compiute da uno Stato membro, e molto dipenderà da cosa succederà nei prossimi mesi.

È molto difficile che la BCE, il cui obiettivo è quello di preservare l’integrità dell’unione monetaria, finisca con l’assecondare delle scelte politiche che sono incoerenti con i principi fondanti dell’Unione. E che pertanto qualsiasi sia la formazione del governo, sarà la BCE a deciderne sostanzialmente il destino: basti ricordare come già nel 2011 la BCE sospese gli acquisti SMP quando si rese conto che l’Italia diede segnali di non voler rispettare gli impegni di risanamento.  Oppure, sia sufficiente rammentare il trattamento subito della Grecia durante la sua lunga crisi: quando Atene minacciò l’abbandono dell’unione monetaria, la BCE irrigidì il suo atteggiamento.

Per quanto poi riguarda un potenziale salvataggio delle criticità italiane, lo strumento principale sembra poi essere proprio quello più prossimo a un irrigidimento delle politiche fiscali nazionali: nel 2012 la BCE ha istituito uno strumento specifico, le Open Market Transactions (OMT), che facciano proprio fronte al rischio di liquidità di un Paese membro. Tuttavia, attivare questo strumento significa sopportare l’attivazione di un programma di sostegno da parte dell’European Single Supervisory Mechanism (ESM), che potrebbe essere lanciato solo dietro la previsione di un percorso di risanamento fiscale coerente con il Fiscal Compact, evidentemente incoerente con le intenzioni della defunta coalizione di governo italiana, che potrebbe però ripresentarsi alle prossime elezioni.

La formazione del governo Cottarelli, in questo senso, complica le cose. Se fino alla scorsa settimana le autorità europee erano convinte che il nuovo governo di coalizione M5S + Lega non avrebbe cambiato idea prima di toccare con mano un ulteriore peggioramento delle condizioni di mercato, ora un governo senza maggioranza parlamentare potrebbe trovarsi ad agire in percorsi ancora più stretti. In tal senso, non sono escluse ripercussioni della crisi italiana sulla gestione della politica monetaria europea.

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