Lira turca, gli Stati Uniti “affossano” le quotazioni della valuta

Pubblicato da Roberto Rais -

Negli ultimi tempi la lira turca è apparsa in condizioni di particolare fatica, e non sono state poche le contrazioni di valore sperimentate dalla moneta di Ankara. Guai, in merito, a pensare che la “colpa” di questo andamento sia esclusivamente endogena: a contribuire alla flessione di forza della lira sono infatti stati anche gli Stati Uniti, che hanno politicamente (ed economicamente) danneggiato i propri alleati, determinando – con la diatriba sui visti – una contrazione della moneta nazionale che ha toccato il 6% dopo che il governo Erdogan ha annunciato la sospensione dei visti di ingresso per i cittadini a stelle e strisce.

Il comportamento della Turchia assume i connotati di una sorta di rappresaglia, valutato che il governo Erdogan aveva “subito” gli effetti di una decisione dell’amministrazione Trump, con il governo americano che ha deciso di ricorrere alla misura estrema dopo che un uomo che lavorava per il consolato americano è stato arrestato in Turchia, con l’accusa di aver collaborato all’organizzazione del golpe dell’anno prima.

A margine del fallito golpe di luglio 2016, il presidente turco Erdogan ha fatto ricorso alle misure più pesanti, con una serie di arresti e di condanne esemplari nei confronti di tutti coloro che sono stati ritenuti responsabili di aver fatto parte, in misura primaria o secondaria, al colpo di stato tentato.

Gli investitori temono l’effetto contagio

A questo punto gli investitori temono un effetto contagio che, almeno per il momento, risulta essere rientrato. La discesa a candela della lira turca non ha infatti contagiato gli altri mercati emergenti, e parte delle perdite accusate sono già state recuperate.

Tuttavia, appare chiaro che quanto accaduto possa comunque aprire dei varchi abbastanza pericolosi. Stando ad alcuni trader, infatti, l’andamento negativa della moneta turca potrebbe causare dei problemi piuttosto seri a tutta la macro area degli emergenti, e possibilmente perfino al di fuori dei confini dei Paesi in via di sviluppo.

A conferma di ciò, si noti come secondo quanto afferma lo strategist Forex Mark Cudmore su Bloomberg, a meno che il cambio tra la lira turca e il dollaro statunitense non si stabilizzerà nel breve periodo, tutti i mercati emergenti (e non solo) potrebbero essere coinvolti.

È anche vero che la fase ribassista della lira turca nei confronti del dollaro è iniziata diverse settimane fa, ed è dalla scorsa settimana – quando i dati sull’inflazione in Turchia hanno confermato che i prezzi non sono attualmente “controllabili”, e che i rendimenti reali del Paese sono troppo bassi che la situazione è risultata essere in drastico peggioramento.

Il rischio concreto è che i detentori di bond possano fuggire dagli asset turchi e denominati in lira turca, generando un effetto domino nei mercati emergenti. E se quanto sopra sembra essere un timore eccessivo, Cudmore ricorda ai più scettici che nel 2006 c’è stato un clamoroso precedente, con l’indice dei mercati emergenti MSCI che aveva perso il 25% in poco più di un mese.

Come se quanto sopra non fosse sufficientemente grave, c’è altresì da ricordare come i danni potrebbero non essere limitati ai soli Paesi emergenti. I mercati emergenti sono infatti state ritenute tra le scommesse più solide del 2017 – rammenta ancora Cudmore – e se le perdite inizieranno ad accumularsi e la volatilità a salire nei mercati emergenti, è probabile che un simile fenomeno si verificherà anche altrove…

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