Come investire sul Forex nel 2019

Pubblicato da Roberto Rais -

Questi mesi rappresentano un periodo piuttosto importante per il Forex trading. Tra elezioni italiane, nuove riunioni delle banche centrali e possibili modifiche alle linee guida monetarie, gli appuntamenti che potrebbero modificare lo scenario non mancano di certo.

Cerchiamo allora di comprendere come orientare i propri investimenti valutari nelle prossime settimane, partendo dalla nostra valuta, l’euro.

Euro

Come noto, nelle ultime settimane, in più occasioni, il presidente della BCE Mario Draghi ha ribadito la volontà di proseguire la politica monetaria espansiva della Banca. In particolare, nella sua audizione al Parlamento Europeo, Draghi ha confermato la propria “rotta”, aprendo dunque la possibilità che, in fin dei conti, nell’imminente riunione di marzo dell’Eurotower non via alcuna novità.

Ad ogni modo, il disimpegno della Banca dal quantitative easing, che è previsto per l’ultima parte dell’anno, continua a rimanere il tema centrale per i mercati e per l’euro. La fine del quantitative easing è infatti una mossa certamente di ispirazione restrittiva, ma il mercato probabilmente sta anticipando in maniera eccessiva i suoi possibili effetti, rischiando così di dare troppa forza alla valuta unica europea.

Più sul breve termine, l’attenzione è tuttavia incentrata sul meeting dell’8 marzo, dove Draghi, ancora una volta, dovrà cercare un difficile equilibrio fra la posizione attuale della BCE e l’anticipo eccessivo, da parte del mercato, delle posizioni restrittive dell’istituto centrale (fine del QE). Nel caso in cui questa nuova, ennesima, ardua missione non dovesse essere portata a termine, è probabile che i mercati possano vivere un periodo di nuovo rafforzamento della divisa unica europea, che peraltro agevolerebbe le valutazioni dall’altra parte dell’Oceano, dove diversi esponenti dell’amministrazione Trump hanno auspicato la presenza di un dollaro un po’ più debole.

Tecnicamente, è probabile però che l’euro si limiterà a consolidare i valori attuali, mentre nel medio-lungo termine appare più probabile un euro più forte, anche alla luce del disimpegno della BCE dal quantitative easing.

Dollaro USA

Anche la Federal Reserve è impegnata nella riunione di marzo con, probabilmente, qualche novità in più rispetto a quanto si deciderà in ambito euro. L’istituto federale statunitense ha infatti in calendario un meeting il prossimo 21 marzo, e in questa data potrebbe scegliere di varare il suo primo rialzo dei tassi del 2019.

Peraltro, proprio come da attese, dalla pubblicazione dei verbali Fed dell’ultimo meeting è emersa l’appropriatezza di una politica monetaria di rialzi graduali dei tassi di interesse. Ne consegue che il recupero del dollaro, pur parziale, è stato agevolato, delineando un contesto che è composto principalmente da due elementi: da una parte la presenza di una Fed restrittiva a conferma del recupero dell’economia, come confermato dallo stesso Powell nella sua audizione al Congresso, e del miglioramento delle aspettative di inflazione; dall’altra parte un’Amministrazione Trump che, come già anticipato quando ci siamo occupati dell’euro, è sicuramente più incerta e varia sulle dichiarazioni di supporto al dollaro, auspicando addirittura una valuta esplicitamente più debole.

Ad ogni modo, difficilmente la Fed vorrà allontanarsi dal sentiero tracciato, soprattutto se alla riunione del 21 marzo si avranno a disposizione dei buoni dati del mercato del lavoro statunitense, con l’employment report che verrà pubblicato il 9 marzo, dando così tutto il tempo per una sua piena metabolizzazione a freddo. Se l’andamento dei posti di lavoro e dei salari dovesse essere crescente anche per il mese di febbraio (periodo cui si riferisce l’employment report in pubblicazione a marzo), la Federal Reserve sarà ancora più legittimata ad alzare i tassi già nel prossimo meeting.

Sterlina britannica

Passiamo poi alla sterlina britannica. Anche qui qualcosa sembra muoversi sul fronte tassi, considerato che la Bank of England ha segnalato come il rialzo dei tassi sia più vicino, favorendo un rafforzamento della sterlina. Nella riunione dello scorso 8 febbraio, la Banca centrale d’Inghilterra ha ribadito in maniera unanime il tasso allo 0,50% e ha inoltre incrementato le proprie previsioni per la crescita economica nell’Inflation Report, suggerendo che potrebbe dover aumentare i tassi di interesse più rapidamente di quanto indicato in precedenza.

La BoE stima in particolare che l’inflazione rimanga intorno al 3% a breve termine, andando così a riflettere i recenti rialzi dei prezzi del petrolio. La Bank of England ha poi concluso che la policy monetaria dovrebbe essere rafforzata prima e in misura maggiore rispetto a quanto previsto in precedenza. In generale, il consenso sta esprimendo un incremento piuttosto ampio delle possibilità che vi sia un rialzo dei tassi di riferimento nella prima parte dell’anno, con una concentrazione delle attese maggiore già nella riunione del prossimo 22 marzo, col conseguente concretizzarsi di un discreto trend di apprezzamento della sterlina.

Yen

Concludiamo infine con uno sguardo allo yen. In Giappone, come era ampiamente atteso dagli analisti, la scelta di riconfermare Kuroda alla guida della BoJ ha spinto i mercati a credere a una più rapida “normalizzazione” dell’azione della banca, di cui Kuroda si è reso più volte promotore.

Lo yen appare inoltre sostenuto dalla decisione della Banca del Giappone di ridurre l’ammontare degli acquisti di JJB a lunga scadenza, i governativi giapponesi, nelle regolari operazioni del suo programma di acquisto titoli: una decisione che è avvenuta per la seconda volta nel corso dell’anno, con la Boj che aveva ridotto gli acquisti dello stesso ammontare il 9 gennaio.

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