Dollaro, pesano le correzioni post-flop riforma sanitaria

Pubblicato da Roberto Rais -

Il dollaro statunitense ha inaugurato la nuova settimana con una pesante correzione dopo il fallimento dell’amministrazione Trump sulla riforma sanitaria. Il risultato è che la riforma dell’Obamacare esce a tempo indeterminato dall’agenda politica (ma una parte dell’amministrazione sembra stia valutando a una revisione più soft, che possa interessare anche a un’area democratica), che la figura di Trump esce indebolita, e che da questa settimana il focus si sposta sulla riforma tributaria… con tanti dubbi.

Di fatti, risulta molto evidente come il flop di Trump su uno di quelli che avrebbe dovuto rappresentare un punto chiave del suo programma elettorale, ha insinuato forti dubbi sulla capacità del nuovo presidente di riuscire effettivamente ad attuare le riforme promesse. Dunque, ci si domanda in che modo Trump potrà realizzare quanto intende fare sul piano di stimolo fiscale, se non è riuscito ad aggregare intorno a sé un congruo consenso su un tema come quello della riforma sanitaria.

Sul fronte dei cambi, con la correzione di inizio settimana il dollaro USA è tornata sui livelli minimi dell’anno, rivedendo i livelli che erano stati abbandonati pochi giorni dopo la vittoria di Trump a novembre 2016. A questo punto, in assenza di spunti favorevoli sul fronte dei dati e di sviluppi sul fronte fiscale, è possibile che nel brevissimo periodo il biglietto verde possa rimanere su condizioni di debolezza. Un occhio di attenzione bisognerà comunque prestarlo alle dichiarazioni dei membri Fed: il primo a muoversi in tal senso è stato Evans, che ha confermato l’adeguatezza di tre rialzi complessivi quest’anno, senza però escludere che possano essere in realtà quattro o due. Insomma, tanta indeterminatezza che sembra essere giustificata proprio dall’incertezza politica di cui sopra.

Per quanto attiene l’euro, si noti come sul generale arretramento del dollaro la valuta unica europea abbia avuto modo di inaugurare nuovi massimi dell’anno. Oltre alla debolezza del dollaro a rendere più solido il rafforzamento della moneta unica è stato anche il flusso di notizie positive dall’area euro, con l’IFO tedesco che ha sorpreso verso l’alto, e potrebbe essere supportato in maniera ancora più incisiva dal fatto che nelle prossime settimane potrebbero instaurarsi convinzioni sempre più profonde circa il fatto che la BCE anticipi la propria strategia di “uscita”, ponendo fine alla lunga fase espansiva del ciclo di politica monetaria già nel corso dell’anno.

Così come l’euro, anche la sterlina è stata in grado di capitalizzare il generale arretramento del dollaro toccando un nuovo massimo recente. Il movimento è stato però inferiore a quello dell’euro, e sembra essere contenuto dalla più volte ricordata incertezza su Brexit. Domani Theresa May formalizzerà ufficialmente l’avvio dell’iter di uscita dall’UE, mentre poco fa il parlamento scozzese ha votato sull’ammissibilità del referendum per l’indipendenza della Scozia: considerato il voto favorevole, ora la richiesta dovrà essere sottoposta al parlamento britannico, alimentando un ulteriore elemento che impatterà negativamente sulla tenuta della sterlina.

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