Cambio euro dollaro, nessuno crede più alla parità

Pubblicato da Roberto Rais -

L’euro continua a conservare buone posizioni nei confronti del dollaro statunitense, confermandosi in discreto stato di forma sopra quota 1,10 EUR/USD, e toccando picchi che non riscontrava da tanto (troppo?) tempo. Una condizione che non è totalmente sorprendente (più volte, anche negli scorsi mesi, avevamo anticipato quanto potesse essere prossima la ripartenza, pur lenta e tentennante, delle quotazioni dell’euro), ma che comunque ha subito un’improvvisa accelerazione dopo l’esplosione del caso Russia-gate.

Lo scandalo Trump rende incerto lo scenario politico

A proposito di quanto affermato in conclusione del precedente paragrafo, appare chiaro come il Russiagate (i particolari legami che il presidente statunitense avrebbe avuto prima e dopo la sua nomina nei confronti di Mosca) rappresenterà un tema centrale nel dibattito politico dei prossimi mesi e, forse, dei prossimi anni.

A tal fine, è stato recentemente nominato un nuovo procuratore speciale, Robert Mueller, considerato dai giornalisti americani come un personaggio super partes particolarmente preparato e credibile. Insomma, probabilmente la figura più accreditata e accreditabile per poter condurre un’indagine approfondita su un tema molto delicato che, nella peggiore delle ipotesi (per Trump) potrebbe condurre a un impeachment comunque in tempi non rapidi.

Anche in virtù di quanto sopra, l’euro ha rotto la resistenza della media mobile a 200 giorni, recuperando terreno nei confronti del dollaro. Naturalmente, quanto sopra non basta per poter far significare agli analisti che il clima è totalmente cambiato, visto e considerato che non manca la fronda di coloro che ritiene una simile variazione di “tono” una mera correzione.

La parità diviene un’utopia

Tra coloro che, sicuramente, non parlano di semplice correzione ci sono gli esperti di ABN AMRO, secondo cui gli ultimi movimenti dell’euro sono molto più che un ricollocamento temporaneo. Gli analisti ritengono infatti che le incertezze statunitensi giocheranno un ruolo secondario rispetto ai fattori endogeni che costituiranno la “vera” spinta propulsiva dell’euro per il prossimo futuro, come l’avvicinamento del tapering della BCE (ovvero, del processo di normalizzazione dell’istituto banchiere europeo) e un risollevamento dei fondamentali europei.

In aggiunta a quanto sopra, gli analisti della banca ritengono che il prossimo rialzo dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve sia già da tempo scontato dal mercato, che ha digerito la possibilità che nel meeting di giugno i tassi fed funds possano essere ricondotti al rialzo di 25 punti base.

Insomma, la strada a 6 mesi per il cambio EUR / USD si allontana rapidamente dalla parità, per mettere nel mirino quota 1,15…

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