In un precedente articolo, dedicato ai titoli azionari, sono stati descritti in breve i metodi per la valutazione di questi strumenti finanziari, facendo riferimento, in particolare, alla “analisi fondamentale”. Quest’ultima prende in considerazione i dati contabili di bilancio e le prospettive di crescita futura della società che ha emesso le azioni, in quanto il valore di mercato di un’azione dipende (o almeno così dovrebbe essere) dall’entità dei dividendi che il titolo garantirà in futuro al suo possessore.
Il ragionamento alla base dell’analisi fondamentale è quindi piuttosto semplice e intuitivo: acquistando un titolo azionario si diventa proprietari di una frazione del capitale della società emittente, acquisendo in questo modo il diritto di partecipare, sotto forma di dividendi, alla distribuzione degli eventuali utili che la società conseguirà grazie all’andamento della sua gestione aziendale. Di conseguenza, l’investitore dovrà selezionare sul mercato le azioni emesse dalle società che offrono un rapporto tra prezzo del titolo e utili futuri (dai quali dipenderanno i dividendi) più vantaggioso. Tale rapporto è espresso da un multiplo, caposaldo dell’analisi fondamentale e denominato in inglese “Price/Earning”, il quale esprime la relazione esistente tra il prezzo di mercato di un titolo e l’utile per ogni azione garantito dalla società emittente. Il “Price/Earning” giornaliero delle azioni quotate è facilmente rinvenibile, sia sulle pagine dei giornali finanziari, sia sul sito internet della Borsa.
Volendo delineare una strategia di investimento percorribile, in prima approssimazione, l’investitore dovrebbe evitare i titoli con un “Price/Earning” superiore a 15/16, probabilmente sopravvalutati dal mercato, acquistando i titoli che presentano un “Price/Earning” piuttosto basso, pari ad un valore tra 8 e 12, in quanto l’entità del rapporto potrebbe mostrare che al momento il mercato sottovaluta il prezzo del titolo, il quale potrebbe essere destinato a crescere in futuro. Nell’ultima frase ho utilizzato il condizionale non certo casualmente. Infatti un “Price/Earning” ridotto può certamente segnalare un titolo sottovalutato dal mercato che può quindi rappresentare un buon investimento, ma può essere anche sintomo di una ben differente situazione di crisi aziendale che è percepita dal mercato e riflessa in un valore di mercato ridotto.
A questo punto entrano in gioco i dati contabili contenuti nelle relazioni semestrali. Infatti, se è vero che il “Price/Earning” dei titoli quotati può essere facilmente trovato, aspetto molto più complicato diventa l’interpretazione dello stesso, in quanto, come è stato appena detto, un rapporto tra prezzo di mercato e utile per azione ridotto può essere sinonimo di un’azione sottovalutata dal mercato che potrà garantire nel futuro alti dividendi e capital gain che costituisce sicuramente un buon investimento, ma anche di un’azienda in crisi certamente da evitare.
In conclusione, anche se per investire con successo, non è necessario possedere approfondite nozioni contabili, può sicuramente essere d’aiuto uno sguardo alle relazioni semestrali che verranno pubblicate in questi giorni, al fine di analizzare l’andamento dei principali indicatori di bilancio (fatturato, ebit, ebitda, posizione finanziaria netta, etc.), i quali possono essere di grande aiuto per capire la natura, “benigna o maligna”, di un “Price/Earning” particolarmente ridotto. Mirco Gazzera
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